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Dal clamore alla pratica
Gli agenti di AI stanno scalando le analisi di mercato come una delle tecnologie più veloci sul Gartner Hype Cycle 2025, alimentati da aspettative elevate soprattutto tra i buyer HR tech. Ma il quadro reale in azienda è più concreto: secondo Emily Rakowski, chief marketing officer di Oro Labs, molte organizzazioni li impiegano già per task ripetitivi e ben delimitati, dove l’impatto è immediato e misurabile. “We’re seeing organizations put them to work on clearly defined, repetitive tasks where the value is both measurable and immediate,” Rakowski says. Gli esempi includono revisione dei contratti, segnalazione dei rischi dei fornitori e reportistica.
Il nodo resta l’autonomia. “The hype often comes from the idea that agents can operate fully independently, without structure,” spiega Rakowski. “In reality, the most successful agentic AI deployments are grounded in clearly defined roles, embedded within orchestrated workflows and governed by human oversight.” Per l’HR, questo significa treatare gli agenti come parte integrante della forza lavoro digitale, con ruoli chiari, workflow orchestrati e supervisione umana costante.
Gestirli come persone: ruoli, responsabilità e governance
La gestione efficace degli agenti di AI richiede la stessa cura dedicata alla pianificazione della forza lavoro umana: introdurli “with intention, structure and accountability,” according to Rakowski. Serve definire scope di lavoro, assegnare un punto di contatto (come un manager) e attivare sistemi di monitoraggio e feedback. Quando gli agenti revisionano documenti o svolgono controlli di policy, i dipendenti devono sapere come interpretare gli output e quando escalare i casi. Alcune aziende stanno persino avvicinando le funzioni tecnologia e HR, riconoscendo la convergenza sulle attività di coordinamento del lavoro. “This isn’t about HR becoming more technical,” Rakowski notes. “It’s about reinforcing the human side of digital transformation.” Senza coordinamento, però, si rischia l’“agent sprawl.”, con team che distribuiscono agenti in modo isolato, standard incoerenti e possibili problemi di compliance. L’HR, in partnership con IT e operations, può impostare framework enterprise per garantire visibilità, governance e allineamento strategico.
- Naming convention coerenti e ownership chiara per ogni agente.
- Documentazione completa di scopo, fonti, limiti e interfacce.
- Valutazione delle performance con metriche di qualità e impatto.
- Guardrail espliciti, revisione degli output e coinvolgimento umano definito.
Agenti come talento: job redesign e nuove competenze
L’ascesa degli agenti ridefinisce ruoli e processi: molte imprese progettano i job partendo dal presupposto che l’AI gestirà le attività più ricorrenti, dalla data analysis alle revisioni contrattuali, fino ai controlli di conformità. Questo libera tempo perché le persone si concentrino su “more strategic, relational or judgment-based work.” Cresce così la domanda di competenze per interpretare gli output e migliorare continuamente la collaborazione uomo-macchina. Non si tratta di sostituire ruoli, ma di ridisegnarli in chiave ibrida e abilitata dalla tecnologia. “This is a mindset and culture shift that you have to promote and shape proactively,” Rakowski emphasizes. “And to be honest, it is critical for not just competitiveness, but staying relevant.” Per l’HR, il compito è promuovere fiducia e adozione responsabile, valorizzando l’impatto umano accanto agli strumenti digitali.
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I prossimi 12-18 mesi: integrazione e trasparenza
Nel prossimo anno e mezzo gli agenti saranno sempre più incastonati nei workflow quotidiani, in particolare in HR, finance e legal, dove i processi sono ripetibili. Con la maturità, aumenterà l’esigenza di oversight. “As agents become more capable, organizations will focus less on full autonomy and more on structured, trustworthy deployment that enhances human performance,” Rakowski predicted. Le organizzazioni dovrebbero definire chi gestisce cosa, auditare gli output e stabilire requisiti espliciti di human-in-the-loop. Avviare progetti con guardrail chiari, metriche trasparenti e responsabilità assegnate aiuta a evitare gli scogli. Inoltre, i ricercatori di Gartner consigliano di elevare le pratiche di data management: una base dati pulita favorisce fiducia e compliance, protegge la proprietà intellettuale e riduce rischi come bias e allucinazioni. “Building trust doesn’t require technical expertise; it requires clarity, consistency and transparency,” says Rakowski. “When people understand what an agent does, why it’s there and how its work is validated, trust grows naturally.” Per Assodigit, l’innovazione più sostenibile nasce proprio qui: tecnologia al servizio delle persone, con etica, trasparenza e responsabilità condivisa.