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Marketing negli studi professionali: tre errori che costano cari
Negli studi professionali il marketing si impara soprattutto facendo: si sperimentano strade nuove, si sbaglia, si corregge. In contesti regolati e tradizionali, però, i passi falsi pesano di più: contano i vincoli normativi, i freni culturali e un’eredità in cui la crescita era affidata alle referenze. Oggi, invece, clienti e prospect iniziano la valutazione dallo spazio digitale dello studio. Affrontare il marketing con metodo significa consolidare la reputazione, differenziare l’offerta e sostenere lo sviluppo commerciale.
Errore 1: scambiare il marketing per un’azione singola
Un post virale, una newsletter inviata a caso o un restyling del sito non fanno una strategia. Il marketing funziona quando ogni tassello alimenta un ecosistema coerente e ripetibile: posizionamento, messaggi, contenuti, canali e misurazione devono muoversi in sincronia, non a ondate.
Come rimediare. Definire obiettivi chiari (es. generare lead qualificati, aumentare l’autorevolezza in una practice), pubblici prioritari e messaggi chiave. Pianificare per trimestri, con un calendario editoriale minimo (articoli, LinkedIn, eventi, newsletter) e un flusso di follow-up sui contatti. Integrare strumenti base: CRM, template per email e landing page, linee guida di tono e visual. Misurare ogni mese: traffico, conversioni, richieste, opportunità aperte/chiuse.
Errore 2: trascurare la presenza digitale
Siti datati, pagine LinkedIn ferme e assenza di prove concrete di competenza trasmettono un messaggio implicito: poca cura. In mancanza di segnali chiari, chi cerca un professionista sceglie chi è più visibile, più utile e più credibile online.
Come rimediare. Curare un sito chiaro, veloce e aggiornato: aree di pratica, biografie con esperienze rilevanti, contenuti utili, contatti immediati e moduli di richiesta. Attivare SEO di base (tag, struttura, parole chiave), scheda Google Business Profile e una pagina LinkedIn di studio con linee guida per i profili dei professionisti. Pubblicare con regolarità insight pratici, commenti normativi e casi d’uso consentiti dalle regole deontologiche. Sostenere i contenuti con una newsletter periodica e campagne di nurturing per lead e referenti.
Errore 3: sottovalutare le competenze di marketing
Delegare tutto “a tempo perso” o a figure junior senza guida porta a iniziative discontinue e inefficaci. Nelle professioni regolamentate, poi, comunicare richiede attenzione a deontologia e conformità: servono metodo, ruoli e processi.
Come rimediare. Nominare un responsabile del marketing (interno o fractional) con mandato e budget. Definire ruoli chiari: content, social, webmaster/SEO, design, con supporto esterno quando conviene. Formare i professionisti per scrivere, parlare in pubblico e usare LinkedIn in modo professionale. Stabilire un workflow di approvazione legale/deontologico e una dashboard di KPI. Pianificare investimenti su un orizzonte 12–18 mesi: la continuità fa la differenza.
Una rotta pratica in tre mosse
Audit. Inventario degli asset, performance del sito, analisi di competitor e parole chiave, mappa dei referenti e dei canali che già funzionano.
Strategia leggera. Tre obiettivi misurabili, tre messaggi chiave, tre iniziative prioritarie per 90 giorni. Scelta del mix canali-contenuti (articoli, webinar, case, media) e dei lead magnet più utili.
Esecuzione e misurazione. Lavorare per sprint mensili: pubblicare, promuovere, seguire i contatti, qualificare le opportunità. Ogni mese retrospettiva su dati e lezioni apprese. Metriche di base: traffico organico, engagement su LinkedIn, iscritti newsletter, lead qualificati, richieste di preventivo, tasso di conversione e tempo medio a chiusura, share of voice.
In sintesi: negli studi professionali il marketing non è un accessorio ma una leva gestionale. Evitare i tre errori — iniziative isolate, presenza digitale debole e sottovalutazione delle competenze — significa rendere visibile il valore dello studio, alimentare relazioni di qualità e crescere in modo sostenibile.